giovedì 22 ottobre 2015

- Le cose che non puoi -


Quando nel 1994 la britannica Susan Austin finisce sulla sedia a rotelle a seguito di una malattia nervosa, scopre anche che il suo nuovo mezzo di locomozione funge da ‘mantello dell’invisibilità’. Le persone iniziano a percepirla in maniera diversa e il filtro della limitazione prende il posto di un’intera esistenza, di tutto quello che Sue rappresentava prima della malattia. La sua personalità e il suo essere un’artista estrosa e di talento.

Scopre che nella dimensione di una persona disabile grandissima rilevanza viene ricoperta da ‘quel che non si può’. Sottinteso fare. Con quest’espressione s’intende di solito tutto quell’insieme di attività, come alcuni tipi di sport, che al disabile sono precluse proprio in ragione della sua diversità. L’esperienza di tutti i giorni fa sì che una sedia a rotelle non ci richiami alla mente ampi spazi verdi su cui correre e tanto meno mondi subacquei da esplorare. Ma ci faccia pensare, piuttosto, a un’esistenza un po’ passiva, costellata di enormi difficoltà.


Per un disabile –  e forse non solo per lui – dimenticarsi delle cose che si vorrebbero fare e sottovalutare il fatto che con molta, moltissima, fatica sarebbe comunque possibile realizzare i propri sogni rappresenta una tentazione fortissima. Un passaggio quasi obbligato. Per superare questa difficoltà, Susan decide di scrivere una storia diversa. Trasforma la sedia a rotelle in uno strumento con cui riprodurre la propria arte, usando le ruote per realizzare figure astratte e labirinti inestricabili. Il suo progetto più grande è anche quello che l’ha resa famosa in tutto il mondo: nel 2012, dopo mesi di prove e allenamenti, Susan è stata la prima disabile a esplorare i fondali del Mar Rosso sulla sua sedia a rotelle.

Dotata di due motori a propulsione, una pinna e un pedale come timone la sedia a rotelle si trasforma in un sottomarino e ci racconta di una storia che non ha eguali. Che spalanca i fondali degli oceani mentre rincuora le menti dei terrestri. E sconvolge il nostro mondo sottoponendoci il dubbio che, forse, non è tutto vero ‘quel che non si può’.

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