giovedì 14 aprile 2016

Aprile


Aprile è il mese su un doppio binario. 

Di entusiasmo fortissimo e nuvole azzurre.

Di  paura sottile che sale quando lasci alle spalle qualcosa di caldo e avvolgente. Come l'inverno.

Aprile è il mese del fresco al mattino e caldo al pomeriggio. Dei maglioni di lana sfilati in fretta e furia durante la pausa pranzo. 

Del giacchino di pelle in cui stringi le spalle il sabato sera. Seduta su una panchina a chiacchierare con gli amici. Senza sonno e cognizione. Le sigarette accese fino alle due di notte.

Della coperta piegata in fondo al letto. Per riscaldare solo i piedi, la sera davanti alla televisione. Dei riposini di domenica, alle due. Ancora sotto il piumone, ma con già le imposte socchiuse per non far entrare il sole.

Questo è il mese della radio accesa in macchina, dopo il lavoro. Coi finestrini abbassati, il sole sulla faccia. Occhiali scuri a far da specchio a una canzone a squarciagola. La sciarpa che svolazza ad ogni curva. 

E in un niente ti sembra quasi di stare in vacanza; invece sei nella città di sempre. Ma ovunque ti giri vedi fiori, alberi e pratini assolati. Soffioni da soffiare e stradine belline per andarci in bicicletta.

Aprile ha il profumo dei primi jeans che indossi. Dell'ultimo cappotto prima del cambio armadio. Delle All Star consumate. Belle, bellissime, tutte slavate. Delle patatine fritte lungo il viale alla prima fiera della stagione.  

Delle vacanze al mare che vorresti fare. Che forse farai. Che forse hai già fatto. 

Di lucine accese alle finestre di un bar aperto fino a tardi. Del Bayles con il ghiaccio freddissimo, da brividi nella schiena.

Aprile ha il sapore del gelato ai giardini, nella coppetta. Di braccia all'aria aperta e di borsine a tracolla; leggere leggere con solo l'essenziale. Di banchetti al mercato con già i costumi appesi. Di libri aperti su una panchina alla stazione.

Di matrimoni, cresime e lauree. Di selfie scattati sotto a un sole che bacia. Di vestiti a palloncino e gonne a tubino.

Aprile ha la soddisfazione di quando ti guardi indietro. Ricordi cosa hai fatto.

Chi eri, com'eri e cosa facevi nell'inverno di ieri. Di sorrisi che scappano quando finalmente capisci. 

Che quella volta che faceva un caldo tremendo ma ti vergognavi del tuo corpo e così sei uscita con i pantaloni fino alle scarpe. Spessi e pesanti. Per coprire tutto, perfino i sorrisi.

Che quella mattina che c'era un sole bellissimo, da farci un giro per le strade senza meta, ma tu sei rimasta a casa lo stesso. Perchè senza guanti, senza cappotti non sapevi dove metterti le braccia, tutte storte e un po' scomposte. Senza un appiglio a cui aggrapparsi. Una borsa da accollarsi, una sciarpa da agganciarsi ti sembravano inutili e brutte come mai prima.

Capisci. 

Che in quei giorni dannati di adolescente non stavi solo soffrendo e sudando senza un perché. Ti stavi allendando alla vergogna, per farla tua amica, sconfiggerla giocando al suo stesso gioco. E batterla sul tempo, fino a prevedere il suo arrivo. E soffire un po' meno.

Ti stavi esercitando a capire che dopo la tempesta c'è sempre qualcosa. E che la vita è davvero troppo bella per passarla avvolta nel soffoco di un cappotto che non ti serve.

Capisci che ogni stagione che passa rinascono anche tutte le paure di sempre. Che scoprire un corpo pieno di difetti sarà sempre il tuo cruccio più grande. 

Capisci che ogni anno, ad Aprile, rinasce sempre tutto. 

Perfino il sole sembra più nuovo di prima. 

Ma ogni anno rinasci anche tu. 

Un po' più forte e allenata.

Perfino più nuova di prima.

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