giovedì 28 aprile 2016

Il tono degli occhi


Una volta ho assistito alle prove generali di uno spettacolo teatrale. C'era una ragazza che fingeva di essere in una stanza lontanissima dal pubblico. E invece era lì, a un passo da noi. Ma era così brava da saper rendere la distanza fisica solamente con il tono della voce.

La cosa mi ha affascinato.

Mi sono chiesta come potessero capirsi tra loro tutte le persone sorde senza il prezioso contributo del tono di voce.

Poi ho capito che esiste il tono degli occhi.

E che nei discorsi che facciamo ogni giorno, nelle parole che mastichiamo velocissime al telefono, a casa o in un messaggio vocale a decidere tutto, oltre che le parole stesse, sono più di tutto ciò che gli sta intorno.

Le strette di mano, le espressioni del viso, le intenzioni. Gli occhi. Che si muovono in questa o in quella direzione, attenti o distratti secondo quanto ci interessano i discorsi che stiamo facendo.
Si possono dire grandi scomode verità in un sussurro gentile o in una discussione dal viso accigliato.

Digerire bugie a fin di bene a piccoli sorrisi, come i sorsi di uno sciroppo dolce amaro.


Poter ascoltare l'inflessione, il tono, la scioltezza con cui le parole si muovono nell'aria è una delle cose di cui sono, da sempre, molto grata. Per questo motivo penso che chi sceglie di imparare il linguaggio dei segni, pur non avendone l'esigenza, nasconda nell'animo una marcia in più.

Un tocco leggero del tono degli occhi che dice che sì, a fare le parole sono le intenzioni. Il cuore che ci si mette nel pronunciarle o gesticolarle. L'attenzione che serve per non staccare mai gli occhi dal proprio interlocutore.

Deve essere stato quel tocco legggero che ha spinto una maestra a tentare di comunicare in tutti i modi possibili con un alunno sordo della sua classe di prima. Quell'intenzione del cuore a farle capire che solo il suo impegno non sarebbe bastato. Che in quella scuola di Sarajevo, oltre a una brava insegnate, a Zejd sarebbe servito qualcosa di più. Compagni di gioco, amici, sorrisi, compiti da copiare sottobanco, figurine da scambiarsi in corridoio. 

Deve esser stato quel tono degli occhi, quello che solo i più profondi di noi possiedono, a farle organizzare una colletta tra tutti i genitori. Per pagare un maestro che insegnasse a lei e al resto della classe il linguaggio dei segni. Deve essere qualcosa che più che al tono di voce assomiglia, davvero, al tono degli occhi.

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