domenica 13 marzo 2016

La sensazione che non si racconta


Siamo intime da sempre, la vergogna e io. La conosco così bene e da così tanto tempo che posso prevederla con uno scarto quasi infallibile. So quando arriverà. Quanto si fermerà e quanti danni lascerà.

Non è che io viva costantemente nella vergogna. E' piuttosto lei, la vergogna, a vivere costantemente dentro di me. A volte è silenziosa. Altre volte proprio no.

E' una sensazione sottile e infame quella della vergogna. E' la goccia ostinata che buca la roccia. Si annida insidiosa senza far rumore e mette radici profondissime. Scava voragini senza possibilità di ritorno.

La sento soprattutto nei gesti.

La riconosco nell'impaccio di quando mi trovo in un locale nuovo dove non conosco nessuno. E' lo scrupolo che mi faccio tutte le volte che devo chiedere aiuto in un negozio con gli scaffali troppo alti. E' il fastidio di quando salgo sul treno o in metropolitana e mi sento schiacciata da tutta quella gente vista dal basso.

E' una sensazione che non si racconta, quella della vergogna, o si racconta sempre molto poco. Perchè si tende ad anestetizzarloa per paura di apparire fragili o insicuri. Che poi è esattamente quel che siamo in alcune occasioni perchè, per fortuna, siamo tutti umani. Quindi fragili. Insicuri.

Mi piace pensare che per superare la vergogna servano due tipologie di persone diverse. Una sono io. E una sono gli altri. 

Ognuno di noi sa qual è la cura giusta per le proprie paure. Cosa è bene costringersi a fare e cosa invece è meglio lasciar maturare.

Quel che non sappiamo è cosa gli altri possono fare per noi. Per fortuna però, loro lo sanno sempre.

Come nella storia che sto per raccontarvi.

Ibby Piracha è un ragazzo non udente che vive in Virginia. Tutti i giorni esce di casa e va a prendere il caffè nel suo Starbucks preferito. Con l'aiuto del cellulare riesce a comunicare con i baristi del locale e fare la sua ordinazione. 

Finchè un giorno una di loro, Krystal Payne, decide che così non va bene. O meglio, va bene, ma non è abbastanza.

Si arma di pazienza e volontà e inizia a studiare il linguaggio dei segni con l'aiuto di tutorial e siti internet. Fino a che non le riesce di imparare la lingua parlata da Ibby e a utilizzarla per far sì che il ragazzo possa ordinare il caffè come tutti gli altri clienti del locale. 

Il biglietto che Krystal ha lasciato al tavolino di Ibby: " Ho imparato il Linguaggio dei Segni così potrai vivere la stessa esperienza di chiunque altro"

In questa storia vedo tanto di tutto. 

Vedo i due tipi di persone che servono a tutti noi per superare la vergogna di una situazione potenzialmente difficile. 

Come essere costretti a fare un'ordinazione in un locale in cui nessuno parla la tua lingua. Ad armeggiare con il cellulare per farsi comprendere evitando gli sguardi degli altri clienti che un po' capiscono e un po' compatiscono.

Vedo un ragazzo che nonostante i suoi problemi non rinuncia alla colazione nel suo bar preferito, anche a costo di scribacchiare bigliettini per ordinare. 

E soprattutto vedo una ragazza che sa qual è la cosa giusta da fare.

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